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AUGURI

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Il giorno in cui mio figlio ha compiuto quattro anni ho saputo della morte di uno dei grandi attori di Hollywood, uno di quelli dei film indimenticabili,L’attimo fuggente” sopra tutti, ma anche “Mrs. Doubtfire” e innumerevoli altri.

Stavo preparando la cena, dopo un pomeriggio trascorso fuori, a passeggio, in una Zurigo soleggiata e in festa per i Campionati Europei di Atletica, quando come per un flash mi sono risuonate le parole del Presidente Obama: “Robin Williams era un genio. Non lo conoscevo personalmente, come è ovvio, ma credo si potesse intuire dal suo lavoro. Personaggi indimenticabili che hanno accompagnato molti di noi, tra cui sicuramente anche la sottoscritta, in molte serate della loro esistenza, portando sorrisi e lacrime, riflessioni e speranze. Insomma, la vita.

Peccato che, come la storia spesso insegna, i “geni” hanno frequentemente vite drammatiche ed infelici, il cui epilogo non è per lo più la serena dipartita da questo mondo nel proprio letto, a novant’anni suonati. Così la mia testa si è decisa per un curioso volo pindarico: collegamento tra l’evento di cronaca e il compleanno della creatura.

Forse ci sono genitori che si augurano che il proprio figlio dimostri di essere un “genio” nella sua (lunga o breve che sia) vita. Che sperano in tutti i modi che l’essere umano che hanno generato si distingua dalla massa, dispensando i frutti del proprio talento all’umanità intera, magari sopportando anche qualsiasi sacrificio per raggiungere questi risultati. Forse tutti ci augureremmo la stessa cosa se fossimo sostenuti dalla consapevolezza delle “sole cose belle“: gloria, onore, soddisfazione, benefici per la collettività, una vita piena e felice. Sappiamo, invece, proprio perché è la vita a raccontarcelo, che essere geni significa, per lo più, andare incontro ad una esistenza in salita, nel migliore dei casi, o a qualche consistente tragedia per il diretto interessato e per chi gli sta intorno, nel peggiore.

Sarà per questo che quando qualcuno (qualche nonno in primis, a volte) cerca di minimizzare le intemperanze di mio figlio con la scusa che “Lui è speciale” mi sale una rabbia folle: primo perché anche una eventuale, e niente affatto dimostrata, “specialità” non giustificherebbe per nulla l’essere un teppista, maleducato, incosciente delle regole di convivenza civile e privo del rispetto per il prossimo; secondo perché, in tutta onestà ed egoismo materno, io non voglio augurare a mio figlio di essere un “genio” dalla vita infelice.

Io auguro a mio figlio una vita “il più normale possibile“, con amici “normali” e amori “normali”, un lavoro che amerà e che si sarà possibilmente scelto senza inopportune interferenze esterne. Perché il mantra che mi sentivo ripetere da piccola “tutti i lavori sono belli e dignitosi se fatti con impegno”, comprende, ovviamente, anche i possibili lavori che mio figlio farà da grande, e non solo l’ingegnere, lo scienziato o il salvatore dell’umanità. Gli auguro serenità, prosperità e pace, quella vera che viene dal cuore, dal sapere di essere parte di un tutto che cerca, suo malgrado, un continuo e precario equilibrio. Un’esistenza lontana dal conflitto, il peggiore veleno che distrugge ogni giorno, a piccole gocce, questo nostro mondo malato; gli auguro intelligenza, che non è il Q.I. di Einstein, ma “la capacità di distinguere”, come disse a me, in un giorno ormai lontano, una persona illuminata.

Non ti auguro di essere un genio, mio piccolo amore, ti auguro solo una vita felice, per quanto imperfetta e poco importante potrà sembrare a chi la guarderà dalla vetrina del mondo.


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